sabato 28 gennaio 2012

ALTRI TRUCCHI D’AUTORE di Mariano Sabatini

Chi mi conosce bene sa che sono una persona tendenzialmente contro corrente; ed infatti, prima ho letto “Altri trucchi d’autore” e poi il primo volume “Trucchi d’autore”.
Prima di postare la mia recensione su “Trucchi d’autore”, ripropongo quella di “Altri trucchi d’autore”, pubblicata su Splinder e, come già detto in precedenza, ora non più disponibile.
Ripropongo inoltre, per completezza, il mio personale esperimento di scrittura dal titolo “Un esperimento: intervista a Lucia T. Ingrosso”, sempre postato su Splinder, fatto dopo aver letto il libro.

ALTRI TRUCCHI D’AUTORE di Mariano Sabatini

lunedì 10 dicembre 2007, 8.14.24 | Kinsy

Questo è il secondo libro di Sabatini, il quale, intervistando scrittori famosi, cerca di carpirne i segreti e le manie legate alla loro produzione letteraria.
In questo volume si incontrano cinquantadue scrittori, di ogni età e di ogni genere letterario. Per lo più le domande poste a ciascuno di loro sono uguali, salvo piccole varianti. Forse un po’ di personalizzazione avrebbe reso più fluido e interessante il tutto, permettendo di approfondire alcune affermazioni espresse dagli intervistati.
E’ interessante notare che tutti, ad eccezione della sola Isabella Santacroce, sono dei forti lettori e consigliano la lettura come primo esercizio per diventare scrittori. Alla faccia di quanti dicono che chi scrive non legge!
Mi spiace, invece, constatare che al tendenza alla trascrizione letterale dell’intervista, che ormai ha preso piede in tutte le riviste, ha prevalso anche in questo volume, dove, dopo una breve introduzione all’ultimo romanzo scritto dallo scrittore in questione e, in alcuni casi, una breve descrizione dello studio o area utilizzata nel momento creativo, l’intervista è inserita pari pari: domande e risposte a raffica.
Ammetto che non amo per niente questo modo di “fare giornalismo”. Ritengo che un bravo giornalista dovrebbe creare un bell’articolo, riportando in un trafiletto descrittivo e continuo le risposte essenziali e magari, per rendere più interessante il tutto, descrivendo tic e atteggiamenti della persona intervistata. In un libro come questo, ad esempio, avrei costruito dei capitoli per argomento, citando le diverse risposte raccolte, evidenziando le differenze.
A sostegno di quanto sopra, posterò nei prossimi giorni un esperimento di questo tipo: sceglierò una delle interviste presenti in questo libro e cercherò di costruirne un articolo. E’ un modo, questo, per esercitarmi nella scrittura (in un genere, tra l’altro, che non mi è consono) e un modo per verificare se la mia teoria è corretta (rendere un’intervista più leggibile) o se ho espresso una critica priva di fondamento, non potendo snaturare le risposte in questo modo.
Un ultimo appunto su Ben Pastor. Autrice (il nome porta erroneamente a pensare ad un uomo) che non conoscevo nemmeno di nome, ma che dimostra un vero e profondo per la lingua italiana, della quale sembra conoscere molto bene parole, significati e grammatica. Il tutto accentuato dal fatto che l’autrice vive in America ormai da parecchi anni. Questa breve intervista si è involontariamente trasformata in una piccola lezione d’italiano. Mi riprometto di leggere al più presto qualcuna delle sue opere.

Un esperimento: intervista a Lucia T. Ingrosso

venerdì 21 dicembre 2007, 16.16.30 | Kinsy

Come anticipato in un precedente post, ho provato a realizzare un articolo partendo da un’intervista del libro “Altri trucchi d’autore”. Ovviamente ho usato le risposte riportate all’interno del volume e non ho potuto aggiungere brevi incisi sui movimenti dell’autore, come avrei fatto se avessi fatto di persona l’intervista…Ecco qui il risultato:
  
Il suo primo libro pubblicato è stato il terzo prodotto, in ordine di tempo, dopo ben dieci anni dalla stesura del primo. Proprio per ciò, consiglia agli esordienti di credere nelle proprie capacità e di continuare a coltivare il proprio sogno di diventare scrittori, senza accusare troppo le frustrazioni degli inevitabili insuccessi, perché in Italia, paese dove pochi leggono e quasi nessuno pubblica esordienti, è davvero difficile arrivare alla pubblicazione. Per la scrittrice, infatti, le principali doti per un aspirante scrittore sono il talento, la perseveranza e l’ottimismo.
La Ingrosso ha esordito con un piccolo editore, per poi passare alla Kowalski grazie ad un’amica scrittrice, che l’ha presentata alla propria agente. Seppure le due si siano piaciute sin da subito, anche in questo caso sono passati diversi anni, quando l’agente dell’amica cercava un romanzo giallo e lei ne aveva una bozza già pronta da dieci anni, solo da revisionare
Leggere, riassumere, tenere un diario, sperimentare stili e generi diversi, confrontarsi con lettori e colleghi scrittori, sono, secondo la scrittrice, tutti esercizi utili per migliore, anche se ritiene che saper scrivere sia un talento innato. Le scuole di scrittura creativa, infatti, non servono per imparare a scrivere, ma per mettersi in gioco. Anche se un po’ di severità verso sé stessi è un buon alleato per uno scrittore, preferisce indugiare con sé stessa: “mi dico sempre che l’obiettivo delle mie storie è l’intrattenimento. Per questo, oltre al talento e al mestiere, serve anche la leggerezza”.
Mentre scrive, tende a non ascoltare musica per non distrarsi e sorseggia una tazza di tè per essere pimpante e stare sveglia, soprattutto quando scrive di notte e cita a proposito Agatha Christie: “un buon tè aiuta a scrivere bei gialli”.
I gialli della Ingrosso nascono da una suggestione, che poi lascia decantare finché non ha chiaro in mente tutto il plot, ma non troppo dettagliatamente, perché si diverte a scoprire man mano che scrive quello che succederà: “la mia narrazione è quasi cinematografica, scena per scena. Ne scrivo un paio alla volta e abbozzo le successive, che uso come traccia quando ricomincio a scrivere.”.
Le idee migliori le vengono andando in giro, sentendo i discorsi delle persone sui mezzi pubblici, leggendo i giornali o passeggiando:”il mondo è pieno di storie in attesa di essere raccontate. La creatività si autoalimenta. Più hai idee e più te ne vengono.”.
Adora scrivere e si diverte a farlo, scrivendo di tutto. Non ha mai avuto l’incubo della pagina bianca: “ho sempre avuto molta fantasia. E poi la mia esperienza giornalistica aiuta. All’inizio di ogni articolo avevo un po’ di apprensione, mi chiedevo se ce l’avrei fatta. Poi mi dicevo: ci sono sempre riuscita, ci riuscirò anche questa volta. Con un nodo da sciogliere o una personalità da delineare mi succede lo stesso.”.
Il suo stile nasce dalla ricerca di creare pagine speciali, “bisogna sempre cercare un modo non scontato per raccontare la perfezione” afferma, “ma è doveroso puntare all’originalità: mi sforzo di dare sempre un’impronta originale a quello che scrivo.”. Sceglie le parole anche per la loro musicalità, rileggendo spesso a voce alta ciò che scrive: “le frasi devono suonare bene, avere un loro equilibrio interno”. Cerca di rendere i dialoghi credibili e di dare una propria voce a ciascun personaggio. Questi ultimi sono ben delineati quanto vivono di una vita propria, sfuggendo al controllo dell’autore e diventandone un compagno di viaggio. Spesso i suoi personaggi sono il collage ottimale di persone ricalcate dalla realtà: l’ammiccare di un amico, il modo di vestire di un collega, un ricordo orecchiato da uno sconosciuto sul tram; insomma, inesistenti ma credibili. “Riportare sulla carta persone reali pari pari è invece più spesso una gabbia che un’opportunità”. E poi prosegue: “amo raccontare i miei personaggi, perché mi piace che i lettori possano subito provare a visualizzarli. Descrizioni sì, ma non troppo dettagliate, perché è giusto che i lettori lavorino di fantasia”. E infatti ammette che gli scrittori bravi sanno delineare benissimo i loro personaggi senza bisogno di descrizioni e “io ne ho ancora strada da fare, in questo senso”.
Lucia T. Ingrosso tiene a portata di mano dizionari, anche stranieri (per citazioni in inglese o francese, sempre più in uso) e un manuale di stile: “per me una bibbia”. Ritiene l’italiano una lingua molto difficile, soprattutto se confrontata all’inglese, per la sua grammatica, i verbi e le regole piene di eccezioni. “Sono contenta di averla come madrelingua e non invidio chi la deve imparare. Tuttavia negli USA è la quarta lingua più studiata e sta vivendo un inaspettato boom. Qualcosa vorrà dire…”.
Seguendo il consiglio di un suo vecchio caporedattore (“nessun avverbio, pochi aggettivi e niente punto e virgola”, di cui condivide solo le prime due regole), durante la rilettura, taglia molti aggettivi.
I verbi ausiliari preferisce usarli con parsimonia e tende a scrivere frasi brevi, anche se in base al ritmo che vuole dare alla narrazione, ne può usare anche di lunghe.
Odia le parole inutili tipo comunque, quant’altro e un attimino.
Prima di iniziare un nuovo romanzo procede con delle ricerche: “ci tengo a raccontare vicende e delineare personalità credibili. Vado alla fonte. Se devo descrivere un’autopsia, intervisto un medico legale; se devo riportare le frasi di un interrogatorio, le verifico con un poliziotto. In questo modo, mi sono anche procurata molti nuovi amici”.
Per le ambientazioni, invece, si reca sul posto, amando raccontare luoghi che conosce.
Solitamente nella narrazione usa il passato remoto, ma varia i tempi per evidenziare i vari livelli temporali, come il flash-back al presente, che serve a dare maggiore incisività. Il punto di vista, invece, è quasi sempre in terza persona: “dà maggiore libertà, consentendo di spaziare e narrare le vicende da più angolazioni. La prima persona è soggettiva, ma permette di avere una solo punto di vista”.
A lavoro finito, fa leggere in anteprima il manoscritto al marito e a un ristretto gruppo di lettori, “abbastanza amici da essere indulgenti, ma sufficientemente critici da segnalarmi i punti critici. Il giudizio che temo di più continua a essere quello dei miei genitori”.
Al momento sta lavorando ad un giallo ambientato nel modo della musica, la cui protagonista assomiglia un po’ a Caterina Caselli.

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